Una commedia divertente e poetica dal gusto anni ’60, scaturita dalla penna di Veronica Liberale per la regia di Fabrizio Catarci. Entrambi in scena al fianco di Camilla Bianchini, Guido Goitre e Alessandro Moser, insieme ai quali regalano al pubblico un’ora di leggerezza e di sogno.
“Bello, toccante, commovente, ben diretto e straordinariamente interpretato da cinque attori di rara sensibilità”, così il noto attore-regista Pietro De Silva descrive “Questa strana voglia di vivere”, di cui ha curato la scelta musicale. L’atto unico di circa 80 minuti, scritto da Veronica Liberale, è andato in scena sabato 15 giugno per la regia di Fabrizio Catarci presso l’Auditorium Castelli Romani di Cecchina – Albano Laziale nell’ambito della settimana dei diritti contro ogni discriminazione.
Lo spettacolo, che ha debuttato nel 2019 vincendo il Premio speciale Andrea Leone al Roma Comic Off , ha come protagonista “il nostro treno del Sole, sulle cui carrozze hanno viaggiato le speranze dei nostri migranti…È la storia di ognuno di noi che guardiamo scorrere il tempo dalla finestra delle nostre esistenze e troppo spesso dimentichiamo chi siamo“, osserva l’autrice Veronica Liberale che – ispiratasi alla storia di sua nonna Maria Cristina Turano – veste i panni (e l’originale scialle nero) dell’emigrante siciliana in viaggio verso un futuro più dignitoso. Ad affrontare con lei il faticoso tragitto in carretto da Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, fino a Palermo e da lì in poi col treno alla volta di Torino e infine Zurigo, c’è Salvatore (Guido Goitre) il fratello minore, dalla bella voce e lo sguardo sognante. È il tipico siciliano geloso della sorella: rigido, ma al contempo sensibile. Con i loro bagagli di fortuna i due si lasciano alle spalle una vita fatta di difficoltà e lacrime ingoiate per la recente morte della madre. In Svizzera li attende un altro fratello sposato e con prole, oltre alla speranza di trovare lavoro. Sul medesimo vagone sale anche Gabriele, un sedicente scrittore che si presenta col nome di Mattia Pascal (Alessandro Moser); in stazione l’uomo ha notato la bellezza mediterranea di Maria Cristina e, ricorrendo alla complicità del capotreno (Fabrizio Catarci), riesce a prendere posto vicino a lei per giocarsi le carte del fascino culturale, che ha capito avere presa sulla donna di umili origini.
Tra gli altri passeggeri del treno del Sole c’è una giovane romana, Carla Fiorini in arte Floren (Camilla Bianchini) aspirante attrice cinematografica, diretta a Torino per un provino con il regista “Dino Riso”. La giovane dalle belle speranze ha raggiunto un po’ di popolarità facendo la réclame (ne viene trasmesso l’audio originale, ndr) della polverina Idrolitina, che rendeva effervescente l’acqua del rubinetto. Richiami come questi, uniti alle musiche che sottolineano alcuni momenti della pièce, ci riportano agli Anni Sessanta, un vicino ma lontano passato. Momenti di riflessione miscelata al sorriso in un racconto delicato che guarda indietro. “Quanto mi manca la mia radiolina, tu la senti mai la seconda stazione? Quest’anno trasmettono pure er Festival de Sanremo…è un concorso de musica ce n’è una che me fa impazzì, fa cosi: Dimmi quando tu verrai…Dimmi quando quando quando..”, accenna Carla con parlata trasteverina, trascinando Salvatore nel canto.
Dopo il simpatico siparietto di inizio spettacolo, in cui i protagonisti tramite la trasmissione ‘Saluti e baci’ della televisione “svizzerese”, mandano ai propri parenti un messaggio inframmezzato dalla pubblicità dell’Idrolitina, il treno lascia la stazione carico dei sogni dei suoi occupanti e compie varie soste, durante le quali Carla chiama i familiari a casa, aggiornandoli con telefonate ‘in stile Sora Cecioni’. Il capotreno, che le presta le monete per il telefono, guarda lo scorrere delle vite di tutti i passeggeri scandite nelle diverse scene, come una guida narrante, restando una sorta di voce fuoricampo pur essendo presente in carne ed ossa, che fa da filo conduttore e collante tra le storie. Le personali vicissitudini si scoprono durante questo lungo viaggio della speranza, che procede sui binari ma scende anche nell’interiorità, rivelando gli animi e la profonda umanità, celata ora dietro la durezza ora nella difensiva dei protagonisti. Il rumore del mare, dello scorrere del treno sulle rotaie e le voci dei passanti in sottofondo danno un tocco realistico alla rappresentazione, mentre il suggestivo gioco di luci (a cura di Denis Persichini) durante il doppio corteggiamento tra le coppie di viaggiatori rende il pubblico testimone silenzioso del possibile sbocciare di due storie d’amore, flebili promesse di un futuro migliore in cui si respiri “questa strana voglia di vivere” provata durante il viaggio.
Margherita De Donato
Una storia tenera e divertente, un omaggio all’amore, alla Sicilia e alle illusioni in viaggio su un treno del Sole, che negli anni Sessanta era il collegamento più lungo della penisola, in partenza da Palermo per arrivare a Torino.