Rivive la memoria storica del quartiere San Lorenzo, con “E fummo vivi”, un inno alla poesia e alla parola

La storia con la “S” maiuscola raccontata dietro le vicende dei protagonisti portati in scena da Veronica Liberale, Camilla Bianchini, Fabrizio Catarci, Guido Goitre e Fatima Ali, accompagnati dalle qualità musicali di Marco Zordan e Romina Bufano.

E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.

Ha inizio con questi versi, tratti dalla poesia di Alfonso Gatto, la pièce teatrale “E fummo vivi” scritta da Veronica Liberale per dare un nome e commemorare le vittime delle stragi avvenute nel quartiere San Lorenzo nel secolo scorso. Un pezzo di Storia che merita di non cadere nell’oblio, perché esiste un legame tra il passato ed il presente, e quest’ultimo può essere illuminato dal primo.

“Il Teatro non è il paese della realtà: ci sono alberi di cartone, palazzi di tela, un cielo di cartapesta, diamanti di vetro, oro di carta stagnola, il rosso sulla guancia, un sole che esce da sotto terra. Ma è il paese del Vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco.” E’ un pensiero attribuito a Victor Hugo ed è quanto avvenuto la sera del 18 luglio in piazza dell’Immacolata per il debutto in prima nazionale dello spettacolo.

Il Sor Capanna, Pina, Maria, Isabella, Vincenzo e Cesare, i personaggi di carta e inchiostro, nati dalla penna della prolifica autrice teatrale, sul palcoscenico hanno preso in prestito carne e ossa dai loro credibili interpreti (Marco Zordan, Camilla Bianchini, Fatima Ali, Fabrizio Catarci, Guido Goitre e la stessa Veronica Liberale) per vivere davanti a una platea anch’essa viva e partecipe, chiamata a raccolta dal Comitato di Quartiere San Lorenzo per ricordare “La marcia nera” e l’ “Assalto a San Lorenzo”. Questi sono anche i titoli dei due libri (rispettivamente di Daniele Autieri e di Gabriele Polo, entrambi giornalisti), dai quali la scrittrice ha attinto notizie per procedere, grazie anche alla consulenza storica di Rolando Galluzzi, nella stesura del testo teatrale commissionato quest’anno dai Sanlorenzini nell’intento di tracciare uno spaccato storico-sociale dell’allora nascente quartiere, divenuto poi San Lorenzo “il” quartiere di Roma per aver contribuito alla lotta per la libertà, pagando con le proprie vittime.

Da sinistra, Veronica Liberale, Guido Goitre, Camilla Bianchini e Fatima Ali. (Ph: Margherita De Donato)
Il pubblico segue attento il dialogo tra Guido Goitre (Cesare detto Bambascione) di spalle in scena con Marco Zordan (Sor Capanna). Foto di Elena Tomei

Durante tutta la rappresentazione aleggia il tipico spirito romano, capace di sdrammatizzare anche nei momenti più bui e difficili. Il primo ad entrare in scena è Marco Zordan nei panni del Sor Capanna (l’unico personaggio ispirato a un figura realmente esistita) che con la sua chitarra ha introdotto il pubblico nella storia, ambientata a Roma negli anni tumultuosi tra 1921 e il 1922. Lo accompagna, facendogli da contraltare negli stornelli, Romina Bufano, che torna in scena successivamente in alcuni quadri, come l’esibizione in duo nella canzone romana “Le streghe”. A seguire arrivano gli altri interpreti che si muovono nelle scenografie di Maria Grazia Iovine, essenziali ma funzionali nel riprodurre alternativamente ora il lavatoio dove Pina (Veronica Liberale) e sua figlia Maria (Camilla Bianchini) si recano a lavare i panni, ora la loro umile abitazione, un’ex stalla, in cui trovano alloggio in subaffitto anche Vincenzo (Fabrizio Catarci) un ex medico che ha la moglie da tempo allettata; la giovane Isabella (Fatima Romina Ali) che si offre di collaborare nelle faccende: è figlia di una donna somala, la quale ha seguito in Italia un soldato tornato dalla prima campagna coloniale africana, che poi l’ha abbandonata; infine c’è Cesare, un orfano soprannominato Bambascione (Guido Goitre), che sopravvive arrangiandosi come può, giocando anche a carte per ripulire il malcapitato di turno, compreso il dottore. La penna di Veronica Liberale tratteggia in lui la quintessenza della romanità, che nasconde dietro la battuta pronta una grande solitudine e malinconia.

In scena, da sinistra, Fabrizio Catarci e Marco Zordan nelle vesti dell’ex medico Vincenzo e di Sor Capanna, che come il cantastorie delle favole o il coro della tragedia greca dà voce allo spettacolo, criticando il potere che vuole ingabbiare il pensiero e le parole (Ph: Margherita De Donato)

Provengono tutti da luoghi diversi (Pina, ora vedova, rimpiange il suo piccolo paese da cui è venuta via sognando la città, dove però assapora come “li panni nun se laveno da soli”), alle loro spalle hanno storie del tutto differenti (Vincenzo è un personaggio combattuto, tormentato dai traumi della Grande Guerra, che cerca di lenire con l’alcool; Isabella si districa tra le difficoltà che una donna dalla pelle di colore diverso incontra in una società ancora molto lontana dall’essere plurietnica), ma adesso sono tutti ugualmente immersi in un quartiere ai margini, che contiene però una profonda coscienza sociale ed il seme di un ricco fermento culturale (nella Biblioteca di Via dei Sardi, luogo di cultura in quel periodo oscuro, la sognatrice Maria trova rifugio e ispirazione per i pensieri che scrive di nascosto sui pezzi di stoffa della madre. ndr, Rita Cattani è l’autrice degli scampoli di poesia).

Camilla Bianchini sul suo profilo FB ha parlato dello spettacolo: “Un nuovo testo di Veronica Liberale, un privilegio essere uno dei personaggi di questa storia che è la Nostra Storia e che è necessario conoscere, oggi più che mai”, annotando anche “È stato emozionante calarmi nel personaggio di Maria, Sanlorenzina nel 1921 che, mentre lava i panni, di nascosto legge libri e scrive poesie sugli scampoli delle stoffe e sogna un’Italia libera. Grazie a Veronica Liberale che sa raccontare la Storia con un’autenticità che mi fa piagne a ogni replica insieme e grazie ai miei preziosi compagni di scena”.

Veronica Liberale, alle prese con i panni, nel ruolo della lavandaia Giuseppina Acquaroli, vedova Cherubini (Ph. Elena Tomei)

Camilla Bianchini interpreta Maria, una ragazza fortemente empatica, grande lettrice e amante della poesia (Credits: FB dell’artista)

La storia del quartiere San Lorenzo e di quello che accadde in quegli anni bui passa dall’essere una storia rionale a rappresentare la Storia universale, in cui si rispecchiano tutti coloro che nonostante le avversità non hanno smesso mai di lottare e di resistere per un futuro migliore.

Da sinistra, in piedi Veronica Liberale, Camilla Bianchini e Marco Zordan. Seduti Guido Goitre, Fatima Ali e Romina Bufano; dietro lo striscione Fabrizio Catarci (Ph: Margherita De Donato)

Veronica Liberale (che a San Lorenzo sarà sempre di casa, anche se ormai non ci vive più, ndr) è alla sua terza esplorazione storica e drammaturgica del rione romano, dopo “Pane, latte e lacrime”  (Premio de’ Servi e il Premio Marconi nell’edizione 2017 del Roma Comic Off)– rappresentato per tre anni nell’estate del 2018, 2019 e 2022 – e “Io Libero”, dedicato nel 2023 alla figura di Padre Libero Raganella. La prima era una commedia corale su un gruppo di Sanlorenzini nei giorni precedenti il tragico bombardamento del 19 luglio 1943; il secondo, omaggio ad una figura sacerdotale amata e indimenticata, conteneva anche un messaggio sul valore della solidarietà collettiva e della partecipazione alla vita pubblica. Tutti gli spettacoli teatrali sono stati sempre accolti dalla commozione del pubblico, perché raccontare attraverso il teatro la Storia nel luogo dove è accaduta dona emozioni indescrivibili. Stavolta come supporto tecnico dietro le quinte hanno collaborato, per luci e fonica, Davide Calvitto e come assistente alla regia Elena Tomei. In piazza, sulle note di “Viva l’Italia” di Francesco De Gregori, ad applaudire come spettatori c’erano anche alcuni attori e registi, tra cui Nicola Pistoia, Loredana Piedimonte, Francesca Pausilli, Massimo De Giorgio della compagnia I Ridikulus, Antonio Losito con cui la Liberale scrive nel campo del teatro per ragazzi da più di dieci anni, ed ultimo ma non ultimo  Pietro De Silva che ha prestato la voce fuori campo per declamare i versi introduttivi. E fummo vivi!

Margherita De Donato

Il pubblico nella platea allestita in piazza dell’Immacolata attende l’inizio dello spettacolo “E fummo vivi” (Ph. Elena Tomei)
Fabrizio Catarci, Marco Zordan e Romina Bufano (Ph: Margherita De Donato)