Il sipario aperto sulla scenografia, curata nei minimi dettagli da Danila Lovero, ha accolto il pubblico del Teatro Domma per la serale di sabato 14 ottobre. Si replica con la pomeridiana di domenica.
Lo spettacolo ha avuto inizio con il prologo recitato da Antonella Formisano, che ha introdotto con accento spagnolo l’epoca storica che fa da sfondo alla vicenda, interpretata con maestria da Augusto Zucchi, affiancato da Alessia Capua.
Argentina, 1976: il generale Jorge Videla rovescia il debole governo di Isabelita Peròn e scatena le “squadre della morte”, militari e poliziotti che torturano ed uccidono i dissidenti, facendo scomparire 30.000 persone. Spesso i figli piccoli dei massacrati e “desaparecidos” vengono dati in adozione, a volte anche agli stessi militari. Caduto il regime, le madri dei desaparecidos e nonne di quei piccoli, adottati e ignari della loro reale identità, diventano famose per il loro quotidiano recarsi in Plaza de Mayo, la piazza principale di Buenos Aires, per chiedere giustizia. Il nuovo governo nomina allora un corpo di polizia specializzato, affiancato da assistenti sociali e volontari, che individua molti di quei bambini, ormai cresciuti, e li toglie di forza ai loro genitori adottivi, un tempo complici dei massacratori, per restituirli alle loro legittime famiglie.
Un tema fortemente drammatico, affrontato con grande intensità, ma anche con ironia e tratti di comicità.
Gli spettatori sono subito catturati e seguono in religioso silenzio l’intenso monologo di Augusto Zucchi, ispirato ai testi del drammaturgo nonché psichiatra argentino Eduardo Pavlovsky (Buenos Aires, 10/12/1933 – 04/10/2015) – qui la sua storia.
Supportato dal gioco di luci e da una bella scelta di stacchi musicali, l’attore tiene il palco con l’abilità che soltanto un artista di grande mestiere sa fare. Da maestro, prende per mano e guida il pubblico nei meandri della storia e della mente del protagonista, svelando man mano l’intreccio teatrale molto vicino al genere noir. Veste i panni di un medico che, al tempo della dittatura militare in Argentina, veniva chiamato a firmare i certificati di morte dei prigionieri politici e che, durante una delle azioni, ha preso in adozione la figlia neonata di uno di loro, la quale – sette anni più tardi – gli verrà sottratta dalle autorità del nuovo regime. Sconvolto dal dolore per la separazione forzata, trascorso molto tempo si mette alla ricerca della figlia (un’Alessia Capua partecipe con immedesimazione ed espressioni intense) e la individua nell’infermiera Julia Medina, che invita a casa sua con il pretesto di un colloquio di lavoro. Lei arriva all’appuntamento, ignara della trappola-incubo costruita, tra digressioni e spietati fotogrammi di realtà, dalla follia disperata dell’uomo.
Il torturatore non è un mostro, non è uno psicopatico, è uno di noi, forse è in noi, nella normalità di un buon padre di famiglia. E questo è il dato sconvolgente.
In programma una tournée nazionale con tappe anche in Sicilia ed in Puglia
Per citare solo qualche piazza in cui lo spettacolo sarà di scena, il 22 dicembre verrà replicato a Rosolini (SR) e, dopo la pausa natalizia, a Palermo e provincia per poi raggiungere il Teatro Abeliano di Bari, dove il prossimo anno si concluderà il tour.
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Margherita De Donato